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ICOS e veicoli autonomi: una nuova era per il monitoraggio oceanografico transatlantico

Study area, with the upper map showing the route of the two SD instruments (SD 1030 as black lines and SD 1053 as red lines),
the positions of the Argo floats (yellow dots), and the SD routes divided into transects (T). The lower maps zoom in on areas with in situ
observations (buoys, ships, and glider sections).

Uno studio recente ha dimostrato l’efficacia dei veicoli di superficie autonomi (ASV) nel raccogliere dati su CO₂ e parametri idrografici durante una traversata dall’Oceano Atlantico al Mar Mediterraneo. Nonostante le sfide legate alla manutenzione dei sensori e alle restrizioni COVID-19, sono state sviluppate metodologie alternative per correggere e validare i dati raccolti, garantendo la loro affidabilità per il monitoraggio oceanografico.

Il lavoro, pubblicato sulla rivista Earth System Science Data, è stato condotto da un team internazionale composto dai ricercatori di ICOS, di OGS, del CNR e del Nansen Environmental and Remote Sensing Center e dell’Università di Cadice, in Spagna.

Il gruppo di ricerca, composto, tra gli altri, da Riccardo Martellucci, Michele Giani, Vanessa Cardin e Anna Lucchetta, ha condotto l’esperimento ATL2MED, durante il quale due ASV hanno percorso una rotta dall’Atlantico al Mediterraneo, raccogliendo dati su temperatura, salinità, ossigeno disciolto e CO₂ superficiale. Le restrizioni imposte dalla pandemia hanno limitato la raccolta di campioni in situ per la validazione dei dati, rendendo necessaria l’adozione di metodi di correzione alternativi.

I sensori a bordo degli ASV hanno subito degradazione e biofouling variabili a seconda dell’area geografica e della stagione, influenzando la qualità delle misurazioni. Per affrontare queste sfide, i ricercatori hanno utilizzato prodotti modellistici per correggere i dati di salinità e hanno validato i risultati con dati provenienti da stazioni oceaniche fisse, glider e profilatori Argo. Inoltre, i dati sull’ossigeno disciolto sono stati corretti utilizzando misurazioni dell’ossigeno atmosferico, risultando coerenti con le variazioni attese in funzione della temperatura e dell’abbondanza di fitoplancton.

“Questo lavoro – spiegano gli autori – evidenzia come gli ASV possano raccogliere dati oceanografici di alta qualità su lunghe distanze, anche in condizioni operative difficili. L’adozione di metodi di correzione basati su modelli si è rivelata cruciale per garantire l’affidabilità dei dati in assenza di campionamenti in situ”.

L’analisi evidenzia il potenziale di questi approcci nell’implementazione di campagne di campionamento più frequenti per migliorare la validazione dei dati raccolti dagli ASV. I risultati suggeriscono l’importanza di sviluppare protocolli di manutenzione avanzati per ridurre l’impatto della degradazione dei sensori e del biofouling.

L’utilizzo di ASV, concludono gli autori, rappresenta una frontiera promettente nel monitoraggio oceanografico, offrendo la possibilità di raccogliere dati continui e dettagliati su vaste aree marine, fondamentale per comprendere meglio il ruolo degli oceani nel sistema climatico globale.

Link allo studio

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