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Le piante potrebbero assorbire e rilasciare CO2 più velocemente di quanto si pensasse

Il carbonio immagazzinato a livello globale dalle piante potrebbe essere caratterizzato da un ciclo più breve e una vulnerabilità ai cambiamenti climatici più elevata di quanto si pensasse in precedenza. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Imperial College di Londra e di altre istituzioni di ricerca. Tra gli autori, guidati da Heather Graven e Charles Koven, anche Ingeborg Levin, pioniere nella ricerca sul radiocarbonio e sull’atmosfera, membro stimato della comunità di ICOS, scomparsa a febbraio.

Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno utilizzato il radiocarbonio in modelli e simulazioni climatiche, per comprendere come le piante utilizzino l’anidride carbonica. Stando a quanto emerge dall’articolo di ricerca, la produttività primaria netta delle piante è stata finora sottostimata. Questi risultati, commentano gli esperti, hanno importanti implicazioni per la comprensione del ruolo della natura nella mitigazione del cambiamento climatico.

Le piante di tutto il mondo – osserva Graven – sembrano più produttive di quanto pensassimo in precedenza. I risultati indicano anche che, sebbene il carbonio venga assorbito dalle piante più velocemente di quanto si pensasse, viene anche trattenuto per un tempo più breve. Molte delle strategie pensate per affrontare il cambiamento climatico si basano sull’utilizzo di piante e foreste, ma il nostro lavoro suggerisce che i parametri che abbiamo utilizzato finora potrebbero essere scorretti”.

Questo lavoro evidenzia la necessità di migliorare le teorie su come le piante crescono e interagiscono con i loro ecosistemi, e di adattare i modelli climatici di conseguenza. “Scienziati e decisori politici – conclude Will Wieder, altra firma dell’articolo – hanno bisogno di stime migliori dell’assorbimento storico di carbonio da parte del suolo per informare le proiezioni di questo servizio ecosistemico critico nei decenni futuri. Il nostro studio fornisce approfondimenti critici sulle dinamiche del ciclo del carbonio terrestre, che possono informare i modelli utilizzati per le proiezioni dei cambiamenti climatici”.

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